L’impatto che la solitudine ha sulla salute mentale è un argomento poco conosciuto. La solitudine è l’esperienza soggettiva in cui si percepisce una discrepanza tra livelli reali e desiderati di relazioni sociali. È un segnale può essere vista come un bisogno innato come la sete o la fame oppure come frutto della società e associata alla vulnerabilità, alla fragilità e alla debolezza.
Sempre di più la solitudine sta prendendo piede come fattore di rischio per la salute mentale. Le neuroscienze sociali e la psicologia evoluzionistica hanno studiato l’impatto che la solitudine ha sul cervello e sulla salute fisica. Sembra infatti avere impatto sulla cognizione, comportamenti e correlati affettivi. Molti studi hanno inoltre evidenziato la correlazione tra solitudine e mortalità (29-32%).
Negli anziani l’isolamento sociale rappresenta un fattore di rischio, mentre la solitudine non sembrerebbe avere influenze. L’isolamento sociale è un indicatore della qualità della rete sociale della persone. Ci può fornire dati come il numero di amici e la frequenza dei contatti con essi.
Fattori che influenzano il senso di solitudine
La solitudine è spesso presente in climi sociali dinamici, ad esempio a seguito della migrazione, ed è collegata al modo in cui comunichiamo, ad esempio è influenzata dalla comunicazione digitale e l’uso dei social network.
Modello concettuale transdiagnostico della solitudine
Cosa può scatenare la solitudine (trigger)
Scatenanti: evento della vita o transizione che dà il via alla solitudine. Tra i fattori scatenanti della problematica possiamo nominare: i traslochi, il divorzio, la malattia, la morte di familiare o amico, o diventare genitori. Questi fattori possono anche verificarsi contemporaneamente. Possono presentarsi in maniera improvvisa o a poco a poco. Non è detto che se c’è uno di questi fattori per forza debba svilupparsi la solitudine. La solitudine è vista come un segnale dell’essere umano con lo scopo di connettersi con gli altri. per capire quando diventa una problematica è importante valutare: quanto è grave, quanto è pervasiva, quanto è cronica.
Fattori di rischio
La solitudine può essere mantenuta e perpetuata a causa di fattori fissi, come la demografia o da fattori modificabili, come la regolazione delle emozioni. I fattori che hanno un impatto significativo nella solitudine e sulla salute mentale sono: demografia, salute (fisica e mentale), cervello, biologia, genetica e fattori socio-ambientali come la comunicazione digitale e il luogo di lavoro.
Solitudine e salute fisica
La salute fisica ha una correlazione con la solitudine. È associata a condizioni come cancro al seno, al colon, sclerosi multipla e un aumento delle malattie coronariche e ictus. È associata a cambiamenti cardiovascolari e metabolici (es. maggiore resistenza vascolare, aumento pressione sanguigna, aumento del battito cardiaco, indice di massa corporea elevato, disfunzione endoteliale ed elevati livelli di citochine pro-infiammatorie. La solitudine è anche associata ad una minore qualità del sonno e di conseguenza una maggiore stanchezza diurna con aumento della frammentazione del sonno.
Solitudine e salute mentale
La solitudine porta ha un’ansia più elevata, depressione e sintomi somatici. La solitudine può infatti predisporre le persone allo sviluppo di disturbi mentali. La solitudine porta all’aggravarsi dell’ansia sociale, della paranoia e della depressione nel tempo. Usare una strategia di coping adeguata(sforzi cognitivi e comportamentali usata per gestire, ridurre o affrontare lo stress, le sfide o le situazioni difficili della vita), come la regolazione delle emozioni può svolgere un ruolo molto importante nel ridurre la solitudine. Le persone sole sono meno propense a esprimere, godere, e lavorare sui propri sentimenti. Utilizzare strategia di regolazione emotiva come la rivalutazione cognitiva possono aiutare a ridurre la solitudine.
Solitudine e salute cognitiva
Una maggiore deterioramento cognitivo sembra essere associato ad una maggiore solitudine. Porta a minori livelli di ricordo immediato, ritardo delle parole e sulla funzione cognitiva globale, indipendentemente da fattori sociodemografici, condizioni di salute e depressione.
Solitudine e cervello, biologia e genetica
Uno studio condotto tramite l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale (fMRI) ha evidenziato che le persone che si sentono sole percepiscono le situazioni sociali in maniera diversa rispetto alle altre persone. I cambiamenti celebrali evidenziati in queste persone sono presenti nella corteccia prefrontale dorsomediale, giro frontale mediale, giro fusiforme, insula anteriore, corteccia visiva primaria, caudato, giro frontale inferiore, giro temporale superiore e corteccia visiva secondaria. Una delle regioni meno attive nelle persone sole quando vedono estranei corrisponde al nucleo ventrale, che detiene la funzione di elaboratore delle ricompense nell’apprendimento. Quando invece guardano immagini di persone familiari la stessa area si attiva maggiormente in persone sole. Questo potrebbe portare ad inferire che le persone che soffrono maggiormente la solitudine se sentano meno ricompensate dalle interazioni sociali positive con persone sconosciute.
La struttura celebrale del cervello è diversa in persone che soffrono di solitudine. Il solco temporale superiore posteriore, che si occupa della percezione sociale di base, ha un minore volume di materia grigia e un minore volume di materia bianca in aree associate ai neuroni specchio. Questi dati potrebbero indicare un deficit della percezione sociale che spiegherebbe la solitudine. La connettività funzionale nel giro supramarginale e nell’opercolo centrale è maggiore in giovani adulti soli
Solitudine e lavoro
I lavoratori che soffrono di solitudine hanno anche una peggiore performance lavorativa, un mino impegno verso l’organizzazione e minor creatività. Oltre a questo, queste persone presentano minor soddisfazione e minor benessere, maggiore influenza del clima sociale e una mancanza di affiliazione sul lavoro.
Rimedi per ridurre l’impatto della solitudine sulla salute mentale
Le soluzioni possono essere diverse a seconda del contesto in cui la persona vive. I trattamenti ritenuti più efficaci sono quelli che lavorano sulle cognizioni disadattive e forniscono opportunità di interazione sociale.
È importante affrontare la solitudine prima che diventi cronica e quindi imparare a individuare i segnali che portano ad essa.
Interventi per giovani fino a 25 anni per ridurre l’impatto della solitudine sulla salute mentale
Per la popolazione con fascia d’età fino a 25 anni sembrano essere maggiormente efficaci gli interventi focalizzati sulle abilità sociali ed emotiva oltre che alla psicoterapia. Questi interventi si focalizzano sull’apprendimento di nuovi hobby e sulla formazione di abilità sociali.
Interventi a tutte le età per ridurre l’impatto della solitudine sulla salute mentale
Gli interventi psicologici sono più efficaci in quanto affrontano i pensieri interpersonali negativi o le risposte emotive che contribuiscono al persistere della solitudine. Gli interventi psicologici che coinvolgono processi mentali e che portano a cambiamenti cognitivi possono portare a un cambiamento nel comportamento sociale e una diminuzione della solitudine nel tempo.
Gli approcci terapeutici che hanno avuto maggior effetto finora sono gli interventi sulla reminiscenza (recupero di ricordi positivi), gli interventi basati sull’identità sociale (migliorare il senso di appartenenza a gruppi sociali per migliorare il senso di sé e il benessere) e la terapia cognitivo comportamentale (CBT).
Conclusione
In conclusione, affrontare e intervenire sulla solitudine è una sfida significativa sia a livello sociale che a livello psicologico, con forti impatti sulla salute mentale e sul benessere complessivo. Creare ambienti inclusivi dove poter promuovere connessioni sociali e rafforzare le reti di supporto può aiutare a promuovere una maggior comprensione, empatia e solidarietà.
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