La mentalizzazione è la capacità metacognitiva di effettuare ipotesi e riflessioni sul comportamento proprio e degli altri come espressione di stati mentali (sentimenti, convinzioni, intenzioni, desideri, ecc.). Per mentalizzare utilizziamo processi cognitivi come percepire, immaginare, descrivere e riflettere.
Questo tipo di processo può essere attuate in maniera implicita (cogliere gli stati mentali in modo automatico) o esplicita (consapevole).
Alcuni sostengono che la mentalizzazione costituisce il ponte tra lo psichico e il somatico. La mentalizzazione lega le emozioni e le sensazione ai correlati corporei automatici.
La mentalizzazione si rifà ad una rappresentazione integrata di sé dove le nostre emozioni e percezione nel presente e nel passato. E di una rappresentazione coerente del mondo.
La capacità di socializzazione è correlata alla mentalizzazione dove essa aiuta a concepire l’altro come un soggetto e non come oggetto da controllare o distruggere. Se non riesco a mentalizzare le mie emozioni allora agisco le emozioni. Non cerco di esporre ciò che penso, spintono la persona che è in disaccordo con me.
Da cosa nasce
Nasce dalla comprensione che attraverso l’ascolta e la comunicazione ci dà il nostro caregiver e da cui origina la nostra fiducia e in noi stessi e la nostra possibilità di esistere ed essere ascoltati.
Consente di differenziare il nostro sé attuale al nostro sé ideale grazie alla teoria della mente.
Se una persona non riesce a mentalizzare non riesce a dare un senso al comportamento degli altri e quindi avvertirà una perdita del controllo e non riuscirà a rispondere in maniere adeguata.
Mentalizzazione e attaccamento
Il bambino sviluppa questa capacità grazie ai genitori che riescono attraverso la mentalizzazione a discernere i contenuti mentali dalla realtà esterna, ciò che invece il bambino prima dei 4 anni non riesce a fare. Il genitore funge da specchio per il figlio. La madre mostra al figlio come è lui ai suoi occhi e com’è il mondo e grazie a questa regolazione diadica si costruisce la mentalizzazione.
Precursori di questa capacità possono essere individuati tra 6 e 18 mesi ovvero guardare, controllare, interagire con la madre. Attraverso il rispecchiamento poi il bambino imparerà a riconoscerà ciò che prova, attraverso l’interiorizzazione della rappresentazione che la madre ha dello stato del bambino.
Se però il rispecchiamento viene influenzato dalla preoccupazione lo sviluppo del sé sarà a rischio.
Alcune ricerche hanno dimostrato che chi ha avuto genitori con più alto livello di mentalizzazione mediamente ha anche un attaccamento più sicuro.
Mentalizzazione e disturbo della personalità
Quando la comunicazione e la relazione di apprendimento è disfunzionale, il bambino impara da esperienze non vicarianti, portandolo a sviluppare credenze di sé e degli altri molto rigide e un forte senso di isolamento.
In terapia una persona con questo tipo di vissuto potrà provare sfiducia per il terapeuta e un grande senso di frustrazione.
- Disturbo borderline: disregolazione emotiva (capacità fragile di mentalizzazione: vive un’esperienza di sé non coerente). L’invalidazione emotiva sofferta da piccolo lo porta a essere attento agli stati mentali dell’altro per adattarsi ad essi e ridurre il rischio di reazioni avverse nell’altro.
Terapia
Per sviluppare al meglio questa capacità è importante affidarsi ad uno psicologo che attraverso una relazione terapeutica di fiducia può aiutare a sviluppare un pensiero più flessibile e riflessivo. Il terapeuta punterà allo sviluppo della consapevolezza in se stessi, il miglioramento della regolazione delle emozioni e promuoverà la qualità delle relazioni interpersonali.
Bibliografia
Pennella, A. R. (2010). Complessità, campo e mentalizzazione. International Journal of Psychoanalysis and Education (IJPE), 93.
Rosic M. (2022). Mentalizzazione: cos’è e perché è importante, unobravo. Available at: https://www.unobravo.com/post/mentalizzazione-cose-e-perche-e-importante